giovedì 16 novembre 2017

John De Leo: la Feltrinelli, Roma 3 novembre 2017



Intervistato lo scorso 3 novembre da Federico Guglielmi presso la Feltrinelli di Roma, John De Leo ha presentato il nuovo album realizzato in duo con il pianista Fabrizio Puglisi, e con ospite Gianluca Petrella al trombone in alcuni brani, dal titolo “Sento doppio” (Carosello Records, 2017). Si tratta di un lavoro di musica improvvisata, che dunque si distanzia dai precedenti album di De Leo dove era preferita la scrittura per ensemble, messo a punto dopo un lungo periodo di prove e live performance. Oltre alle domande di Guglielmi, che lo ha definito come «Un artista che non segue strade convenzionali […]», De Leo ha risposto anche a quelle del pubblico presente. Di seguito un sunto delle sue dichiarazioni, sul nuovo album e non solo 

Con Fabrizio Puglisi ci siamo conosciuti tempo fa, e siamo nel pieno del nostro “innamoramento artistico”. Il nostro punto d’incontro è nella necessità dell’improvvisazione; vedere e testare quale può essere la musica possibile che può scaturire tra due strumenti e due umanità diverse. Non avevamo in programma la registrazione dell’album e abbiamo provato molto il repertorio prima di entrare in studio. Abbiamo affinato l’intesa per circa tre anni, tra concerti e prove in studio. Quello che si ascolta in “Sento doppio” è il condensato di questa esperienza. È un disco di ricerca. Di solito i giornalisti hanno bisogno di etichettare i dischi, per convenzione, e “Sento doppio” potrebbe essere definito come un disco di jazz, anche se preferisco si parli di un disco di musica. Il jazz è spesso relegato al periodo del be bop, almeno questo è nell’immaginario comune, mentre oggi è un àmbito che racchiude molti generi, forse tutti, perché un jazzista moderno attinge da ogni genere.

Lo strumento della voce, nel mio modo di scrivere, è l’ultimo tassello che inserisco nelle composizioni. Alla parola cantata prediligo la musica, perché credo che riesca a esprimere più parole di quante se ne possano dire. Sono interessato agli strumenti del contesto musicale dove intendo inserire la voce. Nei miei lavori precedenti la voce non esegue sempre il tema principale, anche perché amo usarla in contrappunto o come supporto ritmico. In questo disco però, essendo un duo con pianoforte, la voce ha una funzione determinante. È un disco a due teste, né mio né di Fabrizio, è un disco nostro.

Il sottotitolo è “Musiche dell’errore e altri fonosimbolismi antiregime”. Musica dell’errore perché si tratta di improvvisazioni. Si cerca di evitarlo l’errore, ma è possibile che accada. L’errore è però una porta che si apre sull’abisso. È stimolante, e può condurre la composizione estemporanea in territori inaspettati. Cavalchiamo l’errore. Io e Fabrizio amiamo il rumore, le “non note”, se vogliamo chiamarle così. Ci illudiamo che siano dense di significato. Non si tratta di un disco commerciale. Il mercato non lo capirà. L’intento è quello di arrivare a tutti, ma non sono i tempi giusti per uscire con un disco come questo, però è il nostro modo onesto di rispettare chi ci ascolta. Porteremo questo repertorio dal vivo, ci stiamo organizzando. I brani saranno un canovaccio per prendere ulteriori altre strade espressive.

Sono contento di non avere una visibilità televisiva, gli aspetti legati alla grande notorietà non mi si addicono. Non bisogna cadere nell’equivoco che è la televisione a decidere chi è bravo e chi no. In questi anni ho fatto tante esperienze. Ho messo insieme ensemble molto interessanti, come il più recente Il Grande Abarasse, che è a mio modo di vedere l’espressione meglio riuscita del mio percorso. Abbiamo una gamma sonora molto ampia, siamo in nove e mi diverte sapere che ci sono strumenti come il clarinetto basso, il violino, il violoncello, una chitarra semi acustica, un manipolatore del suono in tempo reale. È un gruppo molto divertente e spero di poter proseguire il discorso con questa realtà. Inoltre, mi appassiono di arte, di cultura in generale, della società. Capita che sia un quadro o una scultura a darmi l’ispirazione per un brano. Non ho un artista di riferimento, ma spesso le rappresentazioni non musicali mi ispirano musica.


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