mercoledì 23 novembre 2016

Enrico Intra – Paolino Dalla Porta – Mattia Cigalini: “Three Generations” [AlfaMusic, 2016]

Tre musicisti di diverse generazioni, tre “alberi”, come quelli proposti in copertina, di diversa grandezza, ma accomunati da intenti di profondità espressiva, si incontrano in questo lavoro prodotto dall’etichetta AlfaMusic. Enrico Intra, pianoforte, Paolino Dalla Porta, contrabbasso, e Mattia Cigalini sassofono, sono ripresi dal vivo al Piccolo Teatro Strehler di Milano il 30 novembre 2015, e propongono una serie di diciassette brani, denominati “Cellula” e seguiti da una lettera dell’alfabeto, dove è predominate la componente improvvisativa. Ne derivano passaggi melodicamente cantabili che si alternano a pagine astratte, brani giocati su microscopici interventi che poi lasciano il passo a piene sonorità d’insieme, per un lotto che trasuda creatività, interplay, situazioni d’intesa reciproca.

Claudio Filippini: “Overflying” [CAM Jazz, 2016]

“Overflying” è l’album in pianoforte solo di Claudio Filippini, il quale realizza un percorso formale che mette insieme pagine originali e repertori classici, come quelli di Maurice Ravel o Ludwig van Beethoven. Ne deriva un insieme dal profondo scavo espressivo, nel quale troviamo melodie cantabili, improvvisazione, passaggi meditativi e una costante sensazione di equilibrio tra misura ed estro, tra situazioni di calibrata sottrazione e passaggi ricchi di contenuti. Il “volo” di Filippini travalica generi e stili, e conduce l’ascoltatore verso ampi orizzonti sonori, con un approccio strumentale segnato, come Brian Morton lo definisce nelle note di copertina, da: «una vigile energia improvvisativa».

Swedish Mobilia: “It’s Not Jazz, It’s Worse” [Auand, 2016]

Il trio Swedish Mobilia è composto da Andrea Bolzoni (chitarra ed elettronica), Dario Miranda (basso elettrico ed elettronica) e Daniele Frati (batteria e percussioni), e il loro “Swedish Mobilia” riflette un approccio alla materia sonora di carattere improvvisativo. Il trio avanza costruendo immagini sonore in divenire, spesso servendosi di piccoli inserti e frasi tra loro slegate, per un linguaggio contemporaneo che riflette nevrosi, confusione e creatività spinta verso estreme conseguenze. Nel suo insieme il lavoro si distacca da incasellamenti di genere, e risulta essere come un contenitore di idee volutamente in contrasto, strutturate con sonorità acide, astratte e visionarie.

mercoledì 16 novembre 2016

Samuele Strufaldi Ismael Circus: “Adenosine Triphosphate” [Auand, 2016]

Troviamo il pianista Samuele Strufaldi a capo del quintetto Ismael Circus, con il quale realizza “Adenosine Triphosphate” edito dalla Auand Records di Marco Valente. Un lavoro che Strufaldi, attraverso una nota stampa, ci ha così presentato: «L’adenosina trifosfato è un importante composto ad alta energia che sta alla base di svariate reazioni metaboliche ed energetiche nelle cellule. Il nome dell’intero disco è dunque energia, un tipo particolare di forza di sintesi molecolare, che è anche al centro della costituzione dell’RNA, fondamentale per dare energia alle molecole». Intenzioni e significati tradotti in musica attraverso un approccio espressivo diversificato, dagli andamenti nervosi dell’iniziale Schizofrenia alla melodia cantabile di For Ahmed, dai momenti introspettivi di Rebounds fino alla rivisitazione, fantasiosa e scattante, di My Favorite Things. Strufaldi mostra una scrittura espansa, che include anche parti soliste per i fiati, il soprano di Claudio Giovagnoli e il tenore di Yuri Romboli, sorrette dalle trame ritmiche di Marco Calì alla batteria e Alessandro Cianferoni al basso elettrico.

Raffaele Genovese Trio: “Musaico” [AlfaMusic, 2016]

Il pianista Raffaele Genovese realizza un lavoro di soli brani originali, tranne la rilettura di Gentle Piece di Kenny Wheeler, nei quali riversa temi melodicamente cantabili, l'equilibrio timbrico tra il trio, completato da Emanuele Primavera alla batteria e Carmelo Venuto al contrabbasso, e la voce strumentale di Ben van Gelder all’alto, e una capacità di scrittura che sa coniugare mainstream e attualità espressiva. “Musaico” è un racconto in musica delle esperienze di vita del leader, tra ricordi ed emozioni, tradotte in musica da un modo d’insieme sempre garbato, ottenuto grazie all’esatta occupazione degli spazi sonori da parte degli interpreti che anche nei soli mantengono una sorta di elegiaca attenzione ai timbri, ai riflessi sonori e alle sfumature.

Piero Bittolo Bon’s Bread & Fox: “Big Hell On Air” [Aunad, 2016]

In questo lavoro edito dalla Auand Records e coprodotto dalla El Gallo Rojo troviamo, al fianco del sassofonista Piero Bittolo Bon, il trombonista Filippo Vignato, Glauco Benedetti alla tuba, Alfonso Santimone al pianoforte e Andrea Grillini alla batteria. Fatta eccezione della conclusiva Paper Toilet di Henry Threadgill, il programma si compone di soli originali firmati dal leader, il quale propone un ambiente musicale dalla particolare struttura timbrica, dove le masse sonore vanno formandosi in divenire, spesso con l’aspetto di idee isolate che poi prendono corpo. L’insieme muove verso territori inediti e personali, attraverso temi che risultano cantabili quanto spigolosi, in perenne stato di equilibrio creativo tra situazioni essenziali e passaggi dal respiro più ampio e complesso.

giovedì 10 novembre 2016

Andrea Lombardini with Michel Godard, Emanuele Maniscalco: “Diminuendo” [CAM Jazz, 2016]

L’aspetto che balza subito all’orecchio ascoltando “Diminuendo” è la particolare conformazione timbrica del trio, con Michel Godard, serpentone e tuba, ed Emanuele Maniscalco, pianoforte e batteria, al fianco di Andrea Lomabradini, qui al debutto come leader, che suona basso elettrico e colascione lute. Suoni moderni e antichi si intrecciano in una scaletta di dieci brani che prendono diverse direzioni stilistiche, tra suoni ancestrali, melodie cantabili, passaggi introspettivi, momenti solitari e una serie di rimandi a territori espressivi inesplorati. L’album è segnato da una sensazione di velata malinconia, dovuta alla continua sottrazione di eventi sonori che ben riflette le intenzioni anticipate nel titolo.

Claudio Leone Trio: “Changes” [Emme Record Label, 2016]

Si apre con l’up tempo che dà il titolo all’album questo lavoro firmato dal chitarrista romano Claudio Leone, per l’occasione in trio con Stefano Battaglia al contrabbasso e Francesco Merenda alla batteria. Quella presentata è una scaletta dai molti risvolti espressivi, che si rintracciano in brani che sanno coniugare jazz mainstream, influenze blues, connotazioni prossime al rock e un sempre presente piglio d’improvvisazione. Leone guida il lavoro con esposizioni tematiche perlopiù votate alla cantabilità melodica, come nel lungo solo di Gracefully Falling, ma non mancano i momenti a vantaggio degli altri interpreti, come nell’introduzione di The Winter In Boston svolta in solo da Stefano Battaglia. La conclusiva Hope, giocata su ritmi tenui, mostra l’aspetto caratteriale più introspettivo e misurato del trio.

lunedì 7 novembre 2016

Luigi Masciari: “The G-Session” [Tosky, 2016]

Il trio capitanato dal chitarrista Luigi Masciari si completa con Aaron Parks al Fender Rhodes e Roberto Giaquinto alla batteria, e il loro “The G-Session”, prodotto e pubblicato dalla Tosky Records, prende il nome dallo studio newyorkese dove è stato registrato nel dicembre 2015. La scaletta presenta solo brani originali firmati dal leader, e nelle traccia Echoes troviamo la voce sussurrata dell’ospite Oona Rea. Si tratta di un passaggio dai toni morbidi, dove alla cantabilità melodica, che caratterizza l’intero lavoro, si unisce un equilibrio timbrico ottenuto dal trio con attenzione e misura. Nel complesso il lavoro rimanda a un jazz contemporaneo, fedele alle dinamiche della tradizione mainstream, ma pronto nell’allagare lo sguardo espressivo verso lidi dal profondo scavo espressivo.

Sam Mortellaro: “Robotic Delusions” [Auand, 2016]

Dieci tracce originali firmate dal pianista Sam Mortellaro compongono la scaletta del suo “Robotic Delusions”, l’album realizzato in trio, con Angelo Minacapilli al contrabbasso e Francesco Alessi alla batteria, per la Piano Series dell’etichetta Auand Records. Il lavoro si distingue per la cantabilità delle melodie, spesso in contrasto tra situazioni di velata amarezza e aperture più solari, per l’etrema flessibilità ritmica del trio, e per lo scorrere di un flusso sonoro che parte dal mainstream fino a lambire lidi di contemporaneità espressiva. Il trio realizza un’estetica propria e riconoscibile, e l’album trova nel concetto di “tempo” la sua principale vocazione, che attraverso una nota stampa Mortellaro descrive così: «Credo che il tempo, inteso come musica in atto, sia un flusso che scorre continuamente in divenire, mai iniziato né finito e che continui sempre a scorrere anche quando stiamo in silenzio. Bisognerebbe riuscire a cavalcarne l’onda senza inciamparvi, in questo modo riusciremmo a percepire ogni suo frammento. Ci renderemmo conto che il tempo è in realtà̀ indefinito e che bisogna fluire semplicemente al suo interno, con disinvoltura».

Francesco Negro: “Stridda di luci – Giancarlo Simonacci Piano Works” [Silence Records, 2016]

In questo lavoro in pianoforte solo Francesco Negro ripercorre le opere del compositore romano Giancarlo Simonacci, suo maestro e grande conoscitore di autori contemporanei come John Cage. Negro realizza un percorso espressivo fatto di molti silenzi, note staccate, frammenti, e gioca di continuo con le risonanze dello strumento in relazione all’ambiente circostante. Ne deriva una forma musicale in equilibrio tra misura e circospezione, passaggi intimi e momenti di visionarietà d’astrazione avanguardistica. Il booklet, curato nel dettaglio e realizzato da Luigi Partipilo, contiene una guida all’ascolto utile per orientarsi in un personale mondo sonoro, fatto di infiniti punti d’interpretazione.

Franco Piccinno: “Migrations” [Auand, 2016]

Ci sono Aldo Vigorito al contrabbasso e Giuseppe La Pusata alla batteria al fianco del pianista Franco Piccinno nel suo “Migrations”, l’album nel quale presenta una scaletta con cinque originali e alcune rivisitazioni. La cifra stilistica del trio è votata al jazz mainstream, al centro del quale troviamo la cantabilità delle melodie, la continua interazione strumentale, la voglia di condurre l’ascoltatore sia in ambientazioni concitate, vedi Late Night Joke, sia in passaggi di elegante misura, come accade in Delice. La traccia che dà il titolo all’album è un momento in pianoforte solo che Piccinno, attraverso una nota di presentazione, descrive così: ««Pur dando il titolo al disco, questo brano non racchiude l'essenza stilistica del progetto, bensì rappresenta l'esatto contrario, a testimonianza del desiderio di percorrere un sentiero distinto, un desiderio di evasione, nondimeno espresso in maniera del tutto discreta, a tratti intimista».