mercoledì 29 ottobre 2014

In perenne ricerca di sé: Intervista a Paolo Benvegnù

«Non credo di essere una persona così gradevole, sono pesante, anche dal punto di vista fisico». Forse non ha un grande considerazione di sé Paolo Benvegnù, stando almeno a dichiarazioni come questa. Forse, ma è consapevole che agli occhi di una certa critica, e soprattutto di un pubblico che lo segue da molti anni, rappresenta una delle realtà più vive del cantautorato italiano. Il nuovo lavoro “Earth Hotel” (Woodworm Music / Audioglobe) ne conferma le grandi qualità espressive e la sua innata capacità di scavare nel profondo dei significati.

“Earth Hotel” è il tuo nuovo lavoro. Anche in questo caso, come accaduto in passato per altri album, l’attenzione è rivolta all’amore e ai sentimenti in genere.

Sì, “Earth Hotel” fa parte di un discorso espressivo partito molto tempo fa ed è una tappa del mio percorso. Siamo su questo pianeta e viviamo, disperatamente felici, situazioni nel presente. Di questo parla l’album, dell’esistenza di ognuno di noi. Ho cercato di descrivere la nostra esistenza, di come possiamo essere visti da un alieno e di come noi possiamo immaginare loro, cercando di essere il più leggero possibile, anche se non credo di esserci riuscito (ride, NdR).

Per la realizzazione del precedente “Hermann” avevi lavorato con il tuo gruppo, mentre questo sembra un lavoro di scrittura più personale.

Sì, decisamente. Ho vissuto momenti di solitudine. Avevo la sensazione di aver detto già tutto quello che avevo da dire. Pensavo di aver raggiunto il mio limite, mentre poi ho cercato di scavare nel profondo di me stesso, lentamente, senza sapere bene dove andare a cercare. Mi sono piacevolmente perso, e un po’ per volta ho iniziato a costruire il nuovo lavoro. Chiaramente, anche in questo caso, la missione non è del tutto compiuta. È stata una sorta di gravidanza isterica, che è comunque una gravidanza.

Mentre per la musica come hai costruito il lavoro da portare in studio di registrazione?

Mi sono arrangiato con quello che avevo a disposizione: una chitarra, un basso e dei synth. Una volta che avevo raccolto tutto il materiale ho fatto delle scelte, ma non avevo bene in mente cosa avrei voluto realizzare. L’album è nato in maniera molto spontanea. A volte pensiamo che le cose debbano essere mirabilmente costruite, in altre situazioni fanno parte di un caos infinito.

Quali caratteristiche deve avere un brano per convincerti che sia pubblicabile?

In realtà è la prima volte che, ottenuta una certa sintesi, ho messo insieme un’istantanea del mio presente, e ancora oggi non so se era quello che volevo ottenere, lasciando aperta la strada a eventuali cambiamenti. Però, questo modo di operare, senza preconcetti e strategie, mi è piaciuto, e probabilmente lo riproverò in futuro.

Attraverso la musica, come hai più volte dichiarato, fai luce nel tuo personale modo di essere. Pensi di essere arrivato a un punto dove riesci a capire di cosa hai realmente bisogno?

Direi che sono consapevole del fatto che le cose che mi servono veramente sono molto poche. Questo è certamente un raggiungimento di coscienza. Mi basta avere il cibo necessario, godo del fatto di poter respirare, e poco altro ancora. Questo mi rende felice, e debbo dire che sto passando un momento gioioso, di grande serenità, perché mi sono liberato di tante cose superflue per la mia sopravvivenza. Certe volte la gente, non si sa perché, sembra non riuscire a staccarsi da alcune cose e questo crea in loro una grande disperazione.

Come riesci a vivere in un mondo fatto essenzialmente di cose superflue, esasperazione e ritmi accelerati?

Mi difendo, è questa la chiave per andare avanti. È drammaticamente complicato, cerco di fare le scelte che mi sembrano più giuste, anche se servirebbe più di una vita per capire appieno la situazione. Il mio è un tentativo di vivere in un certo modo, e credo di aver trovato la strada, anche se il significato di certi aspetti del nostro modo di essere non li capiremo mai. Il tutto è meraviglioso, anche se, per certi risvolti, terribile al tempo stesso.

Pensi che per apprezzare arrivare alla felicità bisogna necessariamente attraversare momenti di estrema difficoltà?

Sì. A volte si piange per molto poco, e un torto subito al momento ci dà sensazioni strazianti, un po’ come quando da bambini non ci davano il leccalecca. Ho detto leccalecca? È una parola che non si sente più dire, sto diventando anziano (ride, NdR). È da quando che esiste la filosofia che ci portiamo dentro una certa insoddisfazione, e da questo stato nascono le domande sul reale significato della nostra esistenza. Ovviamente non ho risposte a riguardo, penso solo che sto andando verso una direzione che, tra una trentina d’anni, mi porterà a rispondere appieno a queste domande.

Tornando all’album, molti hanno apprezzato il fatto che “Earth Hotel” è uscito anche in vinile.

È una scelta dell’etichetta che mi è piaciuta molto. In generale sono molto entusiasta delle loro scelte e del loro modo di fare le cose. Il vinile riporta la musica alla giusta dimensione, è un’esperienza d’ascolto decisamente più adatta per apprezzare il contenuto musicale dell’album. Un vinile non puoi ascoltarlo in giro o mentre sei a fare footing. A me è sempre piaciuto, mettere un vinile sul piatto è un po’ come leggere un buon libro. La musica merita del tempo per essere ascoltata.

Oggi il mercato discografico è ridotto all’osso. Sei stato in passato promotore di artisti emergenti, te la senti ancora di invogliare un giovane a intraprendere la carriera musicale?

Suonare è per me una meravigliosa necessità. Non la vedo sotto l’aspetto dell’intrattenimento. È importate a livello di espressione personale, più che sotto il profilo economico. Di fatto, per suonare, spesso bisogna fare qualcos’altro per vivere. Una volta che si è consapevoli di questo, consiglio di mettersi a fare musica solo se si sente dentro una grande voglia di espressione. Bisogna rimanere coerenti con sé stessi se si vuole che questa passione diventi una cosa bella. Ho lasciato un lavoro sicuro per la musica, quindi me la sono sentita dentro di me. Senza questa spinta è inutile mettersi in opera. Sono scelte di vita, molto importanti, ancora di più oggi che non si guadagna praticamente niente.

Sei scaramantico?

No.

Al tuo funerale cosa vorresti che dicessero riguardo alla tua persona?

Niente, mi piacerebbe che, con un minimo di lucidità, me ne andassi da questa vita con profonda dignità. Vorrei sciogliermi nell’armonia celestiale dell’universo.

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